Ostensorio del Vannini di Ariano Irpino, argento dorati , 1452
Scheda tecnica a cura di Beweb, Conferenza Episcopale di Roma:
Vannini P., Ostensorio
OSTENSORIO ambito italiano Sec. XV, seconda metà (XV- 1452)
ottone sbalzato cm. 81x15x0–>
Diocesi di Ariano Irpino-LacedoniaTemi: Architetture ; Eucaristia ; Sacramento ;
Descrizione:
L’ostensorio presenta quattro colonnine tortili con piedi e capitelli, che sostengono le architetture finemente lavorate, sovrapposte e decrescenti fino alla cuspide terminale, sulla quale è una piccola croce. Il tutto, sorretto da due fusti esagonali decorati nelle faccettature con incisioni di pellicani ed uniti fra loro da un nodo cesellato ed ornato di pietre variopinte .
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Ostensorio del Vannini di Bovino
PIETRO VANNINI MAESTRO ORAFO
Una recente mostra tenuta a Montalto di Castro PIETRO VANNINI (Ascoli Piceno, 14 13/1418 – 1496), al titolo Capolavori dai Musei del Louvre e di Cluny – 27 marzo – 18 luglio 2004 – Museo Sistino Vescovile di Montalto Marche, hanno consentito di riscoprire un grande maestro argentiere del sec. XV.
Il M.° Pietro Vannini da Ascoli Piceno , 1412-1469, è stato un celebre scultore, orafo e cesellatore, oltre che nella città natale , a Macerata, ha operato nel reatino, in Abruzzo, Campania e Puglia, altre opere sono custodite in Francia. Fu direttore della Zecca di Macerata. Ha ha eseguito due splendidi ostensori del sec. XV, uno è custodito nel tesoro del Museo diocesano di Ariano e l’altro della medesima fattura in quello di Bovino (Fg). I critici hanno attribuito diverse opere, la formazione artistica è maturata a Venezia. Nel Museo Sistino di Montalto delle Marche si conserva una splendida croce a stile in lamina d’argento dorato, decorata con raffinati smalti traslucidi, realizzata nella prima metà del ‘400; mentre nel Museo Diocesano di Ascoli Picenoè custodito il Braccio-reliquiario di S. Emiddio.
La committenza del Vescovo di Ariano Mons. Orso de Leone, cappellano del Re di Napoli, è avvenuta un epoca matura, difatti l’ostensorio arianese è datato al 1452 come risulta dell’iscrizione incisa sul piede:
Ursu Leo Ep.s Arianen MCCCCLII Petrus Esculo de Marchie oc (sic!) fecit
L’opera è in argento dorato,con decorazione di smalti, in stile gotico, nel sec. XVII un maldestro restauro ha manomesso la bellezza originaria, difatti due colonnine tortile sono state tagliate e sostituite da due angeli oranti. Invece quello di Bovino, conserva le stesse dimensioni e composizione originaria.
Prima di descrivere gli ostensori è bene fare un accenno alla splendida croce astile proveniente dal Parigi:
Croce astileArgento fuso, sbalzato, bulinato, cesellato e dorato su supporto di legno; smalti traslucidi; cristallo di rocca, cm 60 x 52Paris, Musée National du Moyen-Age – Cluny (mv. Ci. 9927)
Pietro Vannini (1413/1418 – 1496)
Croce astile (recto)
DA PARIGI A MONTALTO
“La croce astile, munita cioè di un prolungamento in ferro per l’inserimento nell’asta processionale1, è realizzata in lamina d’argento dorata, fissata su un supporto di legno; i punti di tangenza delle diverse lamine sono coperti da una finissima cornice a doppia dentellatura. La sagomatura perimetrale determina lievi sporgenze a punta, a metà dei bracci, conclusi da formelle polilobate mistilinee. L’intera superficie della lamina è lavorata con un punzone puntiforme che produce un effetto a ‘buccia d’arancia’, o sablé, da cui emergono elaborati motivi floreali e vegetali lisci, realizzati a bulino e cesello. In corrispondenza delle espansioni dei bracci sono inserite placchette romboidali in smalto traslucido contornate da cornicette dentellate; un’unica placchetta rotonda è posta dietro la testa del Crocifisso. Lungo lo spessore, coperto da una striscia di rame, sono inserite 37 piccole sfere in cristallo di rocca, di diversa grandezza.Il programma iconografico della croce presenta il consueto schema
GLI OSTENSORI
Ostensorio di Ariano Irpino Ostensorio di Bovino
PIETRO VANNINI(Ascoli Piceno, 14 13/1418 – 1496)
Croce astileArgento fuso, sbalzato, bulinato, cesellato e dorato su supporto di legno; smalti traslucidi; cristallo di rocca, cm 60 x 52Paris, Musée National du Moyen-Age – Cluny (mv. Ci. 9927)
La croce astile, munita cioè di un prolungamento in ferro per l’inserimento nell’asta processionale1, è realizzata in lamina d’argento dorata, fissata su un supporto di legno; i punti di tangenza delle diverse lamine sono coperti da una finissima cornice a doppia dentellatura. La sagomatura perimetrale determina lievi sporgenze a punta, a metà dei bracci, conclusi da formelle polilobate mistilinee. L’intera superficie della lamina è lavorata con un punzone puntiforme che produce un effetto a ‘buccia d’arancia’, o sablé, da cui emergono elaborati motivi floreali e vegetali lisci, realizzati a bulino e cesello. In corrispondenza delle espansioni dei bracci sono inserite placchette romboidali in smalto traslucido contornate da cornicette dentellate; un’unica placchetta rotonda è posta dietro la testa del Crocifisso. Lungo lo spessore, coperto da una striscia di rame, sono inserite 37 piccole sfere in cristallo di rocca, di diversa grandezza.Il programma iconografico della croce presenta il consueto schema figurativo che riassume il mistero della Redenzione attraverso il sacrificio di Cristo: il recto testimonia infatti il momento culminante della Passione, con Gesù crocifisso tra la Madonna, san Giovanni Evangelista e la Maddalena. In alto compare san Pietro, unico personaggio non pertinente in questo contesto dove appaiono, di solito, l’Eterno o un angelo, ma che è forse legato alla committenza del manufatto. Sul verso è simboleggiata la Rivelazione attraverso le figure del Redentore benedicente e dei quattro Evangelisti espressi dai rispettivi emblemi. La narrazione per immagini è ripresa dalle placchette in smalto le quali, accanto a santi e profeti di incerta identificazione, raffigurano san Giovanni e l’Addolorata, oltre al ‘Pellicano mistico’, l’animale che nutre i piccoli col proprio sangue ed è un antico simbolo del sacrificio di Gesù. Anche la reiterata presenza delle piccole sfere in cristallo di rocca che sottolineano il mosso perimetro della croce non sembra casuale, ma legata al simbolismo dei lapidari medievali che accostavano al quarzo, limpido e incolore, la figura di Cristo, morto innocente sulla croce.Sul recto della croce è posto, dunque, il Crocifisso, in argento, a tutto tondo, col capo lievemente reclinato e i fianchi cinti da un perizoma drappeggiato e dorato. Nelle terminazioni sono sistemate le quattro microsculture, fortemente aggettanti ed emergenti dal perimetro delle formelle, che rappresentano la Madonna Addolorata e san Giovanni Evangelista, ai lati; san Pietro, in alto; Maria Maddalena, in basso. I personaggi, con viso e mani d’argento e vesti dorate, sono a figura intera, ma accoccolati su piccole mensole a forma di fiore. I morbidi ed ampi panneggi delle vesti accompagnano il movimento raccolto dei corpi e i gesti affranti dei due Dolenti e della Maddalena dai volti contratti dal pianto; meno espressiva la figura di san Pietro che recava qualcosa nella mano sinistra, verosimilmente le chiavi, oggi perdute. Al centro della croce, dietro la testa del Crocifisso, è posta la formella in smalto traslucido raffigurante il ‘Pellicano mistico’; l’immagine è realizzata in diverse gradazioni di lilla su fondo blu. Le altre placchette, in smalti vivacemente policromi, disposte lungo i bracci, presentano un santo con corta barba, manto orlato di pelliccia e rotulo, in alto; san Giovanni Evangelista, con penna e libro, a sinistra; la Madonna addolorata, a destra, e, in basso, san Paolo, con libro e spada.Sul verso, al centro, si trova il Redentore benedicente, seduto su una mensola a forma di cherubino. Nelle quattro terminazioni sono i simboli degli Evangelisti, realizzati ad altissimo rilievo e posti su supporti a forma di fiore: in alto è l’aquila di san Giovanni con due tomi tra gli artigli, cioè il Vangelo e il libro dell’Apocalisse; ai lati, il toro di san Luca e il leone di san Marco; in basso, la raffigurazione è duplice: si vede, infatti, san Matteo, seduto e con in mano un volume, che indica il proprio emblema, un piccolo angelo inginocchiato ai suoi piedi. Nelle quattro placchette in smalto traslucido policromo sono raffigurati due santi tonsurati, con un libro e la mano aperta, in alto e a sinistra; un profeta, a destra, con un lungo cartiglio con iscrizione di cui si leggono solo le lettere “PR (OF) ETA”, ma non il nome; e in basso un personaggio tonsurato, con un ciuffetto sulla fronte, in atto di accostare i due indici delle mani, forse un’ allusione alla duplice natura, umana e divina, di Gesù.La croce è entrata nel Museo di Cluny nel 1880 per acquisto dell’allora direttore Edmond du Sommerard in occasione della grande asta dei beni del principe Anatolio Demidoff tenutasi in quell’anno a Firenze, presso il palazzo di San Donato2· Nel catalogo di vendita la croce, considerata di ambito bizantino, figurava al n. 381 ed era datata al XIV secolo. Nella relazione in merito all’acquisto, stesa il 26 marzo 1880 e conservata agli atti del Museo di Cluny, vi è l’unico riferimento alla provenienza, un “convento dell’Appennino” dove la croce era esposta alla venerazione dei fedeli. Da lì l’opera sarebbe stata prelevata (acquistata ?) da un amico del principe Demidoff che l’aveva acquisita per la propria collezione3. È presumibile che il “convento dell’Appennino” si trovasse in area centro-italiana, tra Marche, Lazio ed Abruzzo; ma le ricerche fin qui condotte, soprattutto in area ascolana, non hanno dato alcun esito. Peraltro non è questo un caso isolato, essendo ben nota la grave dispersione di opere d’arte, e di oreficerie, in particolare, verificatasi nel corso degli ultimi decenni dell’Ottocento, che ha interessato soprattutto le zone più interne delle regioni citate4.Dopo la sua entrata nel Museo parigino, la croce è stata oggetto di alcune notazioni che ne hanno meglio puntualizzato l’ambito e l’epoca di esecuzione avvicinandola alla figura di Nicola da Guardiagrele5. Tale collocazione è ancora mantenuta nel catalogo del 19726, ma in quello stesso anno Valentino Pace escludeva l’accostamento al maestro guardiese per le croci di Cluny e della chiesa di San Giovanni a Penne “le quali indirizzano verso i modi dell’altro grande orefice delle vicine Marche: Pietro Vannini” 7. L’attribuzione era poi confermata da Ezio Mattiocco in una lettera inviata al Direttore del Museo di Cluny8 nella quale venivano indicate, come termini di confronto, le croci di Pietro Vannini conservate a Preta e a Pinaco, studiate da Luisa Mortari 9.La personalità artistica di Pietro Vannini è stata più volte oggetto di studio, nel corso del Novecento, dopo che Émile Bertaux, alla fine del secolo precedente, gli aveva attribuito l’Ostensorio di Bovino, presentato all’Esposizione di Orvieto (1896) e gli aveva poi dedicato un saggio monografico (1897) in cui veniva delineata l’ancora poco nota figura dell’orafo10. Ma la sua opera non è mai stata trattata in modo complessivo, così da definirne la collocazione e le linee di sviluppo nell’ambito di quella che è stata una delle maggiori scuole di oreficeria del Quattrocento italiano, e cioè quella fiorita ad Ascoli Piceno11 . Non v’è dubbio, tuttavia, che l’Abruzzo e la figura di Nicola da Guardiagrele siano stati punti di riferimento per la cultura orafa delle Marche meridionali e anche per Pietro Vannini. Nonostante la grande e inconfondibile personalità del Maestro ascolano, infatti, che fa presupporre la conoscenza di ambienti culturali diversi, da Firenze al Veneto, la croce di Cluny, forse più che altre opere, sembra riprendere suggestioni abruzzesi. Queste sono individuabili soprattutto nella struttura della croce, dai bracci espansi nella parte centrale, con l’inserimento di smalti, così come nelle opere di Nicola da Guardiagrele e come il Vannini propone anche nelle sue croci di Osimo 12 e di Pinaco. Ma soprattutto sembra accostabile a stilemi non solo guardiesi, ma più genericamente abruzzesi, il modulo decorativo delle lamine, con eleganti e naturalistici elementi vegetali che ricoprono fittamente la superficie dei bracci, secondo un gusto ornamentale diverso, sia sotto il profilo stilistico che tecnico, dal più elementare e stilizzato tralcio vegetale di altre croci del Vannini. In esse, infatti, i bracci sono percorsi da un lungo setto ad andamento ondulato, nei meandri del quale sono poste rosette stilizzate. Il tutto è reso con un sommario lavoro di sbalzo e cesello che fa emergere semplici forme arrotondate e lucenti da un fondo sablé. Oltre che nella citata croce di Preta, tale decoro torna nelle croci di Monsampolo del Tronto, di Montefiore dell’Aso, di San Severino, recentemente accostate ai modi del Vannini e della sua bottega (…)
Fonte: Catalogo Mostra. Sito Internet.